di Gianluca Stoppa
Sta diluviando da piu’ di un ora e le onde sono molto piccole. Sento l’acqua che mi ruscella sulla fronte e guardo i rivoletti scorrere piu’ veloci sulle maniche della mia muta, mentre galleggio silenzioso sul line-up di Levanto. E’ una delle classiche situazioni in cui ho sbagliato programma:” beh, con una previsione di tempesta mica me ne vado in montagna a beccarmi la bufera, ci sara’ onda sicuramenteÉ” penso poco convinto . La mia punizione per la poca fedelta’ ai bianchi pendii della Val Brembana e’ istantanea; i miei compagni di snowboard stanno solcando mezzo metro di powder ,e sta ancora nevicando, mentre io mi sto congelando in mezzo a un mare grigio e piatto.
Guardo alla mia sinistra e noto che non sono solo, in questa scena di naufragio: mi pare di scorgere un profilo noto. “Mhhh..Michael! Ehi ma che ci fai qui, c’e’ un metro di polvere dappertutto!” gli urlo, con quel bruciore in gola, che mi preannuncia una bella bronchite.
Michael e’ uno snowboarder alpino, un gigantista puro, dotato di un eccezionale talento naturale per le alte velocita’ e i pendii ghiacciati e ripidi. Mi ricordo di lui, come compagno di allenamenti in lunghe giornate estive sui ghiacciai, concentrato su quella teoria di pali sempre uguali, a ripetere tracciati con l’identica precisione di una liturgia ben conosciuta. Una vita in perenne lotta con se stessi e con il cronometro, sotto il tallone del piu’ duro degli allenatori, con un sogno olimpico nel cassetto.
Ci guardiamo con un sorriso tra il felice e lo stupito: dovremmo essere tutti e due duemila metri piu’ in alto, a chiacchierare su di una seggiovia, e non qui a ghiacciarci, sotto questa pioggia gelata. “Ma come, non hai gare questo week end ” gli domando sorpreso. Un lampo di disincantata malinconia vela lo sguardo furbo di Michael. Mi racconta dei sacrifici degli ultimi due anni, della implacabile lotta tra le federazioni che si occupano di snowboard, di qualche coppa del mondo andata male, di un ginocchio malconcio.E dei soldi, gli onnipresenti maledetti soldi, che gli sponsores improvvisamente non hanno piu’ destinato alle specialita’ alpine.” Se vuoi parlare di denaro con le aziende, ” mi dice Michael, “devi fare boardercross; noi gigantisti siamo una specie gia’ estintaÉ”. E senza sponsor tutto diventa difficile, impossibile: allenatori, preparatore atletico, materiale, trasferte all’estero hanno costi altissimi,e i fasti della World Cup appaiono ormai lontani . Michael e’ tornato alla ristorazione, la tradizionale occupazione di famiglia , e lavora ora qui, lontano dalle sue montagne.
Mi sembra molto piu’ felice ora di quando faceva la Coppa del Mondo, e tutto cio’ mi appare un po’ strano.
Finalmente arriva un set di onde a spezzare l’ imbarazzo del momento, la mia amarezza per il talento inespresso del mio amico. La cresta dell’onda piu’ vicina mi schiaffeggia la faccia , mentre un filo di schiuma festeggia il take-off di Michael su di un perfetto muretto di malachite.Un raggio di sole buca la coltre scura di nembi all’orizzonte e nella mia testa eccheggia un rumore di cristalli rotti , che cadono a terra. Ho capito l’eterna lezione, la dottrina che la Vita ci insegna tutti i giorni e che noi siamo cosi’ lenti a imparare. Vincere o perdere, felicita’ e infelicita’ , sole o nubi sono facce identiche della stessa medaglia. La vittoria dalle fulgide ali puo’ essere nascosta molto piu’ in un piatto di carbonara, che nel bagliore vago di una coppa di latta.
Gianluca Stoppa
Questa è una storia vera. Michael vive alle 5 Terre, non va più in montagna ed è ora un local di Levanto.
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