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Un mercoledi’ da leonesse, il surf e’ rosa

La campionessa Valentina D’Azzeo: «Siamo più determinate dei maschi»

Si muovono in branco. Inseguono perturbazioni e basse pressioni. Arrivano con il vento e il mare cattivo, quando anche l’ultimo bagnante è fuggito. Tra loro si chiamano fratelli e sorelle. Sono quelli del surf. In Italia 20.000 «adepti» e 2.500 donne. Un 10% che aumenta di anno in anno. Questa la novità: il surf in rosa che sfida la pattuglia maschile. Donne toste come Valentina D’Azzeo, 30 anni, romana, biondissima campionessa italiana. «Per me è stato amore a prima vista», dice mentre esce dall’acqua di Fregene. «La prima volta avevo 13 anni ed ero in vacanza in California. È stata una botta di adrenalina tremenda ». Perché il surf è una droga benefica. Di quelle che «ti tiene in forma e ti mette in competizione con gli elementi naturali». Tutto si gioca su questo: «Dominare e essere dominati». Remare con il surf «facendosi forza con il carattere». Attendere al largo «in comunione con se stessi». Prendere l’onda. Salire sulla tavola, «sentire l’adrenalina che ti pizzica lo stomaco» e «toccare un momento di equilibrio assoluto con la natura».

Ecco perché, al di là delle medaglie, Valentina D’Azzeo fa surf. E come lei molte altre. «Sulle spiagge — dice — si incontrano sempre più donne, perché il nostro più che uno sport è un modo di vivere». Una crescita confermata anche da Fabio D’Anna, 49 anni, di Roma, istruttore delle Federazione, che ha iniziato alla fine degli anni Settanta quando il mito del film Un mercoledì da leoni è approdato anche in Italia. «Ai miei corsi — dice Fabio D’Anna — almeno il 30% è costituito da ragazze». Con un’età che varia tra i 15 e i 30 anni. «Si tratta di donne molto determinate — prosegue Fabio — che non iniziano a fare surf per caso. Puoi incontrare la neolaureata come la commessa ». «Il surf al femminile ha poco da invidiare a quello dei maschi», assicura la campionessa italiana. «Ai nostri corsi — conferma Maurizio Spinas, presidente della Federazione italiana surf — le ragazze sono molto più attente e precise degli uomini». E poi, aggiunge Valentina «in gruppo siamo molto corteggiate». Contrariamente, poi, a quanto si possa pensare, trovare onde in Italia non è difficile.

Gli «spot» (i luoghi dove praticare) non mancano. Si va dalle Calandre di Ventimiglia fino ai paradisi sardi come la bianchissima spiaggia di Chia. «Un luogo magnifico», dice Valentina. Questa la mappa ufficiale. «Perché poi ogni surfista ha i suoi posti segreti, io ne ho almeno tre». Inutile farseli dire. «Nemmeno sotto tortura. Li ho trovati io. Fanno parte di me». E guai violare questi confini non scritti. Pena: qualche scazzottata in stile Point Break (altro film culto sul surf). «È quello che noi chiamiamo localismo — spiega Valentina —. Certe spiagge sono di chi le scopre». E così se vi dovesse capitare di scorgere un’ombra scivolare verso una caletta deserta, appoggiare la tavola e sparire tra le onde, non allarmatevi: quello è un «luogo segreto » e «i surfisti sono fantasmi ».

di Davide Milosa
www.corriere.it

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