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Fukushima, due anni dopo.

L’11 marzo del 2011 alle 14.46, una scossa di magnitudo 9.0,  ha fatto tremare la terra al largo della costa del Giappone, provocando uno dei peggiori terremoti mai registrati al mondo. Il devastante tsunami che è seguito pochi minuti dopo, creando un’onda anomala stimata tra i 10 e i 15 metri vicino alla città di Miyako nella prefettura di Iwate,  ha provocato oltre 13.000 morti e danni pari a circa 210 miliardi di dollari ( stima in cui non rientrano quelli che riguardano la centrale atomica di Fukushima).

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Gli effetti del disastro hanno coinvolto ovviamente anche il mondo del surf. Non tutti sanno infatti che l’area di Fukushima era ritenuta una delle migliori regioni surfistiche del Giappone: zone poco distanti dalla centrale nucleare erano famose prima del terremoto, per le loro acque pulite e poco affollate dove l’enorme numero di reef break e beach break regalavano una varietà tale da rendere l’area alla portata sia di surfisti alle prime armi sia dei professionisti.  Come riportano gli stessi surfisti giapponesi, purtroppo l’11 marzo del 2011 ha cambiato tutto: lo tsunami ha distrutto quasi tutta l’intera linea costiera, portando via con sé secret e classic spot. Se ciò non bastasse a metterci il carico da 90 ci ha pensato la catastrofe nucleare di Fukushima che ha reso impossibile tuttora – e per le generazioni future – qualunque tipo di balneazione in un perimetro di 20 chilometri.

Purtroppo nonostante siano passati due anni, le notizie che continuano ad arrivare non sono per niente rassicuranti. Pochi giorni fa la Tepco (gestore dell’impianto nucleare) ha reso nota una “nuova possibile perdita di acqua contaminata dalla centrale” rilevata sul terreno attorno ad un serbatoio di stoccaggio sotterraneo. Per questo motivo tuttora le comunità locali e le piccole città lungo la costa continuano a lottare per avere delle risposte alle domande sul proprio futuro e sulla sicurezza e sono molte le iniziative per mantenere alto l’impegno di affrontare la complessità del disastro sia sul piano fisico, che su quello politico e sociologico.

E’ proprio in quest’ottica rientra anche il libro, recentemente presentato in Italia,  “Scrivere per Fukushima”.  Per mantenere vivo il ricordo e sostenere i sopravvissuti del terribile sisma, nel libro sono stati raccolti i saggi e i racconti sul tema di alcuni noti scrittori giapponesi, tra cui il poeta Tanikawa Shuntaro e Yoko Ono Lennon. Tra questi appare particolarmente interessante – almeno per quanto “ci riguarda” –  il racconto intitolato Ride on Time di Abe Kazushige. Si parla dell’attesa della grande onda, quella con la O maiuscola,  e di come questa, nel momento del suo arrivo, cambi radicalmente la percezione della realtà di chi riesce a cavalcarla. Una vita fatta di attesa e di aspettative, concentrate nella ferma convinzione che “lo scopo (dell’esistenza) è sempre quello e non cambierà mai: essere presenti quando la grande onda arriverà”. Poco importa se poi davvero si è in grado di affrontare il mostro blu, l’importante risulta credere fino in fondo nell’impresa.. anche perché la conquista della grande onda – che può significare, come nel caso del Giappone, rinascita dalle macerie e nuova energia vitale –  è solo ad un passo da noi. Si può fallire, ma l’importante come sempre è fare un grande respiro,  “impugnare” la tavola – e con lei,  la propria vita – e ritornare a guardare il mondo cavalcando la potenza del gigante blu.

Scrivere per Fukushima- Atmosphere libri

Pubblicato in Giappone nell’ambito del progetto Waseda Bungaku’s Charity Project: Japan Earthquake Charity Literature.

Articolo a cura di Ilaria Tana.

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Lo spot di fronte alla centrale nucleare. Ora off limits per le prossime decine d’anni.

 

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