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Paradiso Interdetto

La questione dell’esclusività dei surf breaks alle Maldive non è ancora definitiva, cerchiamo di fare chiarezza con Matt Clark.

L’anno scorso la questione dell’esclusività di alcuni sport di Malè Nord e Sud alle Maldive ha destato molta preoccupazione e confusione tra i tanti affezionati di questa destinazione con onde da sogno. Questione che non si è ancora sopita. A prescindere dal punto di vista, ciò che sta succedendo alle Maldive è qualcosa che fa riflettere, il dibattito sull’esclusività di queste splendide onde è ancora aperto e soggetto a diversa interpretazione. Matt Clark di Luex Surf Travel, ha analizzato la questione cercando di fare chiarezza.

 

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Foto: Red Bull Content Pool

 

Lo storico pioniere del surf alle Maldive, Tony Hinde (RIP), è stato il primo ad aver lanciato questa tendenza, dopo aver scoperto con la sua barca la maggior parte delle migliori delle onde presenti alle Maldive, ha fondato a Pasta Point il primo surf resort privato.

La questione delle onde private è piuttosto complessa, se si pensa che da quando il surf è stato inventato il numero di persone che lo praticano è sempre andato aumentando in maniera esponenziale ed è un dato di fatto che molte delle migliori onde del pianeta sono ormai quasi insurfabili a causa sovraffollamento, per non parlare delle sempre più frequenti tensioni e litigi in line-up. Ogni risorsa ha un limite di capacità e di capienza massima che può sostenere senza degradarsi, e molte onde nel mondo hanno già raggiunto quel limite. Superato il limite, il valore di quella risorsa si abbassa. Per quanto possa suonare strano, imporre un limite al numero di persone in acqua può preservare la qualità dell’esperienza e assicurare a ciascuno la possibilità di surfare un numero decente di onde nei giorni migliori.

 

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Foto: Red Bull Content Pool

 

Dall’altro lato della medaglia, tutti dovrebbero poter surfare liberamente ovunque. Il capitalismo e le aziende più grosse, già da anni hanno messo le mani su questo business e ci chiediamo se siamo già arrivati al punto in cui le onde debbano andare al miglior offerente. Sarò ingenuo, ma spero ancora che sia rimasta qualche anima libera nel surf.

Ad ogni modo, dopo l’esempio di Hinde, sono venuti i resort come Hudhuranfushi e Kandooma che hanno le sue orme, rivendicando il diritto esclusivo sui propri reef. Sono così rimasti solo quattro dei sette breaks di classe mondiale di North Male aperti a tutti, turisti e locals. E se la situazione era ancora gestibile fino a qualche tempo fa, un numero sempre crescente di surfisti ha iniziato a viaggiare per scappare da propri home spot già affollati, attratti dalle perfette onde tropicali delle Maldive e finendo per ricreare lì proprio la situazione da cui fuggivano da casa.

 
Gavin_Gilette_Maldives Foto: Kolesky/SanDisk/Red Bull Photofiles

 

Le tensioni hanno raggiunto l’apice nel 2012, quando la notizia che una società di investimento con sede a Singapore avrebbe costruito un nuovo resort privato a Thanburudhoo Island, rivendicando i diritti esclusivi sulle onde dell’isola, Sultans e Honky’s. Questo ha definitivamente indignato la comunità surfistica locale e internazionale: Sultan e Honky’ s sono due delle ultime onde di classe mondiale con accesso libero a Malè Nord, e limitando l’accesso ad esse si avrebbe una forte ripercussione su tutti i break circostanti.

 

Shredding_Maldives Foto: Red Bull Content Pool

 

Il problema tuttavia è come dovrebbe evolversi il turismo surf alle Maldive. Un accesso aperto a tutti e non regolamentato sarebbe difficilmente sostenibile nel lungo periodo, e potrebbe risultare in una corsa al ribasso in cui gli operatori saranno costretti ad abbassare il prezzi come conseguenza di un’esperienza di minor qualità, mossi dalla necessità di attrarre più clienti per recuperare i margini di guadagno e così incrementando l’affollamento. Esempi di questo tipo già si possono notare in Francia e a Bali. Dando per scontato che nessuno voglia sorvolare mezzo mondo per ritrovarsi a surfare in mezzo a uno zoo, è facile constatare come questo approccio sia nocivo per il turismo. Come lo stesso Kelly Slater ha detto in un tweet: “Se ancora ci chiedevamo se avessimo rovinato le Mentawais, la realtà su cui riflettere di 16 barche ancorate sullo stesso break stanotte lo ha confermato”. Lo sfruttamento massiccio di un’onda non interessa a nessuno nel lungo termine.

E ancora, siamo davvero arrivati al punto in cui limitare il surf ai pochi fortunati che se lo possono permettere è la cosa che sembra più ragionevole e logica da fare? Rendere tutti i breaks liberamente accessibili intorno alle Maldive permetterebbe ai capitani delle barche di potersi muovere più liberamente distribuendo meglio i propri clienti tra le varie onde. Può questa essere una buona soluzione per il futuro?

Purtroppo non è così semplice. Il modello del resort è semplicemente il più proficuo per l’economia Maldiviana, generando approssimativamente il 180% in più di tasse turistiche di un charter in barca, e dal 300% al 500% di posti di lavoro in più per gli abitanti del posto. Si capisce perché i resort siano così influenti e abbiano gran voce in capitolo.

 
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Foto: Red Bull Content Pool

 

D’ altra parte lo stato attuale delle cose è destinato a cambiare presto. Sotto pressione della comunità surfistica attivatasi per salvare Thanburudhoo, il governo delle Maldive ha annunciato importanti modifiche ai regolamenti locali per i resort, mettendo fine alla possibilità di poter dichiarare privati gli spot su cui si affacciano. Fine dei divieti? Forse… Al momento non ci sono ulteriori informazioni su quando saranno effettivamente attuate le nuove regole e su quali delle onde il regolamento verrà applicato.

L’accesso aperto sarà comunque subordinato all’accordo di un piano di gestione del surf, ancora in discussione da parte del Ministero del Turismo, l’Associazione Crociera Maldiviana (LAM) e la Maldives Surfing Association (MSA).

Per ora la situazione è aperta all’ interpretazione, nonostante i resort cerchino di resistere e imporre il divieto sulle loro onde. Il capitano di una barca, che ha voluto rimanere anonimo, ha riportato problemi provando a surfare nei breaks di fronte ai resort e ha dichiarato: “Ho avuto un sacco di problemi cercando di surfare gli spot antistanti alcuni resort, anche gli altri charter dovrebbero cercare di fare lo stesso per fare pressione, in modo da non essere io l’ unico”

 

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Foto: Core Cokes Surf Camp

 

Dall’ altra parte in un comunicato stampa del 10 giugno 2014, il Kandooma Resort insiste sul fatto che: “Fino a che i nomi delle onde e relativi resort non saranno ufficialmente annunciati così come il piano di gestione, i resort continueranno a rivendicare i propri diritti sulla’ isola e sullo spot come proprietà privata.” In un clima di speculazione diffusa e fin quando il Ministero del Turismo non chiarirà la situazione tutto è destinato a rimanere in sospeso.

E’ una situazione complicata, difficile e irta di difficoltà. Seppur vero che un’ apertura senza un efficace piano di gestione rischierebbe di essere ancor più un pasticcio come già successo a Tavarua e Cloudbreak. A Cloudbreak infatti, una delle onde più leggendarie e bramate di tutto il mondo, si sono contate fino a 80 persone dove ragionevolmente ce ne possono stare una quindicina, il clima è cambiato. Orde di surfisti, litigi e droppate. L’esperienza di surfare un’ onda magica si è persa nelle tensioni e tutto ciò che comporta il sovraffollamento.

Il governo delle Maldive deve trovare un modo per bilanciare un accesso equo e aperto con la conservazione della qualità dell’esperienza di surf. Non sarà di certo cosa facile.

 
 

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