I cultori della cinematografia surf hanno amato Morning of the Earth, le sue atmosfere psichedeliche e i suoi protagonisti, tra cui Rusty Miller, che ha avuto il privilegio di scivolare sulle onde semi deserte di Uluwatu in tempi non sospetti. Riproponiamo una sua intervista da Hobo the mag, il mag online che da 2015 racconta la storia del surf e i suoi personaggi e che sta per uscire con il primo libro cartaceo.
Ci sono delle immagini, nel surf, che sono delle icone; Fotografie, poster e grafiche che riescono, per il solo fatto di vederle, ad evocare un intero modo. La Locandina del film “Morning of the earth” è una di queste.
Il surfer a sinistra, in piedi pronto ad entrare in acqua a Uluwatu, Bali, è Rusty Miller.
Nato e cresciuto in California nel periodo della Malibù Era di Mickey Dora, Miller si trasferì alle Hawaii alla fine degli anni ’60, mentre la cultura surf invadeva gli Stati Uniti. Presto divenne uno dei surfisti leggendari della North Shore; surfista di onde enormi fu uno dei pochi che ebbe la possibilità di dividere le onde di Waimea bay con Mickey Dora, solitamente restio a quella dimensione dello sport. Pioniere ed esempio per le generazioni a venire Rusty è una delle incarnazioni viventi della storia e della cultura del surf.
Adesso ha 74 anni e vive in Australia, dove si è trasferito nel 1975. Lo abbiamo contattato ed ha accettato, di buon grado, di fare due chiacchere con noi sui giorni leggendari di quello che può essere considerato l’inizio del surf moderno e sul futuro della surf culture.
Questa è la sua intervista per Hobo The Mag.
- Partiamo con le presentazioni, siamo un piccolo surf magazine on line ( per ora) Italiano e cerchiamo di dare un contributo alla diffusione della cultura del surf e della sua storia. Conosci qualcosa del nostro paese? Sai che abbiamo anche qua una scena surfistica che conta ormai diverse decine di anni?
Sì, sono al corrente di molte cose circa il surf in Italia, questo perché il compagno di mia figlia è di Roma, vive vicino a noi, a Byron Bay. E’ emigrato qui diverso tempo fa ed è un surfista molto appassionato. Mia figlia ha imparato a parlare italiano e viene in Italia ogni anno. Inoltre ha fatto la sua tesi universitaria sul contrasto tra la cultura surfistica australiana e quella italiana.
- Sei cresciuto in California ed hai iniziato a surfare in uno dei momenti più importanti per la storia del surf, com’era essere un surfer nel periodo del boom del surf Californiano? Era il periodo in cui Dora cominciava a scalpitare per il troppo affollamento degli spot e per l’eccessiva commercializzazione dello sport, sentivi anche tu certe pressioni attorno a te?
Sono stato molto fortunato a crescere nel sud della California in quello che adesso viene chiamano “l’inizio dell’era del surf moderno”. Quando ho iniziato, nel 1953, si era appena passati dalle pesanti tavole in legno rosso di conifera a quelle, molto più leggere, di legno di balsa. La mia prima tavola da surf fu shapeata completamente a mano da un bagnino, giusto accanto alla sua torretta. Mi ricordo ancora che usava un pialletto a mano di origine Giapponese. Era un chip 7’11” di Balsa con tre longheroni di sequoia. Micky Dora viveva a 80 miglia a nord della mia città natale, Encinitas, vicino a Los Angeles. A quei tempi vedevo spesso un produttore cinematografico di nome Grant Rohloff che viveva da quelle parti e che era andato alla scuola superiore di Holllywood con Dora. Così, tramite lui, ho conosciuto Mickey quando avevo 16 anni. Abbiamo anche condiviso l’alloggio insieme quando siamo andati sulla North Shore ad Oahu ed abbiamo surfato insieme onde enormi a Sunset Beach e Waimea. Nella foto che ti ho allegato si vede Mickey che rema a largo su una delle mie tavole mentre io droppo a Waimea; quella foto poi è stata usata per una pubblicità nazionale della birra Hamm’s. Nel cartellone coprirono Mickey con il boccale della birra. Quella pubblicità lo fece veramente incazzare perché una foto che rappresentava lo spirito del surf era stata venduta e usata per fini commerciali. Ma Mickey era mio amico e fu sempre gentile e onesto con me.
Mi sono trasferito a Kauai nel 1967 perché ho pensato che stava diventando troppo affollato e commerciale in California. Poi mi sono spostato in Australia nei primi anni ’70.
Rusty Miller a Waimea mentre Mickey Dora rema fuori. Photo Doc. Don James
La pubblicità della birra Hamm’s tratta dalla foto precedente.
- Ti sei trasferito alle Hawaii alla fine degli anni ’60 diventando uno dei pionieri del big wave riding, quello è stato un periodo di incredibile espansione per la surf culture, ma anche un momento di forti contestazioni sociali e di un incredibile movimento contro culturale che si batteva anche contro la guerra in Vietnam. Puoi raccontarci qualcosa di quel periodo? Com’era vivere e surfare alla hawaii ? E, come surfista, ti sentivi coinvolto dalle esperienze sociali e politiche che coinvolgevano il tuo paese?
Mi sono trasferito a Kauai nel 1967 su invito del mio amico Joey Cabell, che aveva acquistato un terreno lì. Kauai non era una destinazione di surf ben conosciuta allora ed era molto poco affollata. Stava costruendo il suo ristorante a Honolulu ed io l’ho aiutato con il giardino, costruendo una strada e piantando alberi da frutto in una bella valle vicino alla fine della strada. Il “contratto” di lavoro aveva ovviamente una clausola relativa al surf : ogni volta che il mare era buono sarei andato a surfare. Lavorando ho avuto modo di conoscere i locali ed ho fatto amicizia con un fantastico uomo giapponese che era stato un soldato nell’esercito americano e aveva combattuto in Italia. Amava l’opera italiana e oggi, a più di novant’anni, è ancora vivo. A quei tempi le tavole cominciavano ad accorciarsi e mi ricordo di un surfista di nome Bunker Spreckles e di Vinny Brian che surfavano delle 5’6” down railed. Joey invece di solito surfava dei pintail di 8 piedi e, nel 1969, vinse il Duke invitational su di una tavola chiamata White Ghost, probabilmente la tavola più veloce dell’intera giornata.
Noi (come la maggior parte dei surfisti) eravamo molto contrari alla guerra in VietNam perché si basava su falsi assunti e valori sbagliati. Era sotto gli occhi di tutti che fosse una guerra sbagliata che, oltretutto, stava spaccando l’America in due. Alle Hawaii arrivavano un sacco di salme e un sacco di droga ( molta addirittura dentro le salme ) in quanto era uno dei diversi centri di rest and recuperation attivi in quel periodo. Gli sforzi per cercare di far cessare quella guerra sono stati enormi. Due eroi americani che si sono opposti alla guerra sono stati assassinati nel 1968 mentre ero a Kauai: Martin Luther King e Robert Kennedy.
- Sei stato anche uno dei primi a Surfare Uluwatu a Bali, puoi raccontarci come è stato approcciarsi ad un’onda come quella ? Immaginavate cosa potevate aspettarvi?
Sono andato a Bali con Steve Cooney, un surfista di Sydney di quindici anni, il produttore cinematografico David Elfick, la sua ragazza Lisa Coote e il direttore della fotografia Alby Falzon. Alby fece un viaggio esplorativo alla fine della penisola di Bukit e vide che c’erano onde appena giù dal tempio sacro, sulla punta più sud-ovest dell’isola. Il giorno successivo Steven, David, Alby e io abbiamo preso un Bemo per arrivare in quella zona, poi abbiamo camminato attraverso campi desolati pieni di rocce e polvere fino al luogo dove Alby aveva visto il letto di un fiume. Seguendolo siamo arrivati ad una grotta dalla quale, infilandosi dentro, si poteva raggiungere la spiaggia. Fu un giorno magico, misterioso ed emozionante. Camminammo sul reef davanti alla grotta e poi ci lanciammo fuori, tra i set di onde, e fummo i primi surfisti a surfare quel posto fantastico. Era pieno di animali marini: dugongi, delfini, uccelli marini, balene, squali e tante altre forme non identificate … ci accampammo la notte su un pezzo di scogliera, con l’alta marea che sbatteva sugli scogli e vibrazioni molto intense che provenivano degli spiriti di Bali. Era strano, a volte spaventoso, ma spiritualmente fu un’esperienza talmente elevata che non la dimenticherò mai.
- C’è chi dice che fossi proprio tu a surfare la prima onda in assoluto a Uluwatu, è vero?
David Elfick, produttore del film “Morning of the Earth” di Alby Falzon, ha scritto un articolo nella rivista Tracks nel mese di novembre di quell’anno dicendo che sono stato il primo a prendere un’onda.
- Veniamo ai giorni nostri, Wave pools, surf alle olimpiadi, grossissime sponsorizzazioni dietro al WSL… come vedi la direzione che ha preso il mondo del surf? Si è allontanata dalle sue radici o è un naturale sviluppo di quello che Dora definiva “il patto diabolico che il mondo del surf ha stretto con i decadenti capitalisti?”
Diciamo che sono incline a pensarla come Dora, che certamente si starà rigirando nella tomba per come si stanno mettendo le cose. Tuttavia vedo che sempre più surfisti e scrittori sono consapevoli del fatto che il nostro amato sport (che molte persone , purtroppo, considerano solo “uno” sport) sta perdendo la sua essenza per colpa dell’eccessiva commercializzazione e che viene sfruttato e venduto come un “prodotto”.
Siamo costretti a vivere in questo sistema capitalistico e, relativamente al nostro essere surfisti in questo tipo di mondo, possiamo contribuire ogni giorno a rendere un pò migliore la “nostra” realtà, cercando di essere dei “buoni cittadini” in acqua e assumendoci delle responsabilità relativamente alla salvaguardia dello sfruttamento dell’oceano e dell’inquinamento delle acque.
“Responsabile mi sembra la parola più adatta e più modesta da usare, mentre camminiamo il cammino che, speriamo, conduce ad un momento in cui l’attività dell’uomo non prenda dalla natura più di quello che può rendere”(Yvon Chouinard)
- Per chiudere , noi pensiamo che come surfisti non possiamo chiuderci nel nostro mondo senza guardare quello che ci succede attorno. E’ un periodo molto complesso e, per noi, inquietante; in Europa i venti nazionalisti soffiano un po’ ovunque e in America Donald Trump è al governo. Da Americano che vive ormai da molto tempo in Australia che idea ti sei fatto?
Vivo in australia dai primi anni ’70 e ho la cittadinanza dal 1975; molte delle tendenze che hanno portato l’estremismo di destra ad arrivare al governo del sistema Americano si stanno verificando anche qui. Tuttavia ritengo che il nostro stato australiano, che ha la fortuna di poter imparare da ciò che è avvenuto in America, capirà alla fine che non dobbiamo seguire gli errori di quel paese. Spero che i nostra cittadini non saranno convinti a votare contro quelli che sono anche i loro interessi. Dobbiamo continuare a combattere per impedire alle corporazioni di possedere e gestire i nostri governi. La democrazia può essere disordinata, rumorosa, ingombrante e frustrante. Ma è molto meglio e più giusta che le altre alternative demagogiche ora in corso negli stati totalitari come Turchia, Russia, Filippine, Cina e così via.
Se uno non è vigile nel difendere la libertà di parola e i propri diritti di opporsi all’attuale potere politico dominante, non avrà mai altre possibilità. La disobbedienza civile è un diritto umano e per alcuni, come me, è addirittura un dovere per poter vivere in una democrazia.
Forever Young. Storie di Surf, Skate e Punk
Forever Young è il primo libro edito da HoboTheMag, 110 pagine di epopea surf, skate e punk in carta patinata di alta qualità, corredate da foto in gran parte analogiche, da illustrazioni originali, nonché da una tavola di prof Bad Trip.
L’arte del riding, con le sue linee incise su asfalto e acqua, traccia uno tra i mondi possibili.
Hobo, ripercorrendo le gesta di chi ha contribuito a disegnare quelle linee, vuole riprendere quel vissuto e raccontarlo.
“Perché vogliamo generare momenti di rottura con il presente per riappropriarci dell’unico immaginario proprio del surf, dello skate e del punk: l’estensione del rifiuto.” Così, HoboTheMag, accoglie i visitatori sul proprio sito internet dove, da più di tre anni, racconta il surf e la sua storia, Micky Dora, Greg Noll e gli anni d’oro della sperimentazione, la surf revolution e la sua acid connection, gli anni ’60 con la pischedelia, l’LSD e la fratellanza dell’amore eterno. Poi Jay Adams e la nascita dello skateboard moderno, i Black Flag e l’onda d’urto del punk, il prof Bad Trip e le sue visioni d’anarchia, dando così voce all’eco di una cultura che nasce tentando di scuotere il mondo che la circonda.
Il 15 di Gennaio è stata lanciata la campagna di crowdfunding per Forever young, il primo libro edito da Hobothemag, compendio di tre anni di appassionato lavoro.
Il libro che adesso si apprestano a pubblicare conta 110 pagine di epopea surf, skate e punk in carta patinata di alta qualità, corredate da foto in gran parte analogiche, da illustrazioni originali, nonché da una tavola di prof Bad Trip.
Non una rivista usa e getta quindi, ma un libro da conservare, parte di un progetto che crede fermamente nell’indipendenza delle culture di cui tratta e che, in questa sua prima veste cartacea, si presenta totalmente privo di pubblicità.
Questa raccolta fondi si inserisce, inoltre, in un progetto ampio di sostegno al collettivo, che comprende la stampa del libro e l’implementazione dei servizi forniti da HoboTheMag, come il miglioramento e la manutenzione professionale del sito internet e la realizzazione sempre più frequente di reportage originali.
Potete trovare e sostenere il Crowdfunding a questo link: www.produzionidalbasso.com
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