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Fabrizio Passetti, Mundaka Project

Da quando conosciamo Fabrizio Passetti lo abbiamo sempre visto impegnato ad affrontare le nuove sfide che la vita gli pone davanti. Anche lui è stato messo a dura prova dal Covid, e dopo due tentativi di farla finita per sempre Fabrizio ha capito di aver toccato il fondo e trovato la forza per risorgere e immergersi in un nuovo progetto, che lo ha portato a Mundaka. Ecco la sua incredibile storia!

 

Tra le personalità più rappresentative del mondo del surf italiano Fabrizio Passetti è quella che meglio testimonia e racconta la forza e la tenacia che questo sport richiede.

Nel surf, il passato il presente e il futuro viaggiano sempre allo stesso ritmo, perchè non puoi permetterti di prendere troppe pause, perchè ami quello che fai e sai che ancora non è arrivato il meglio.
Fabrizio sembra averlo contro, il tempo. E dopo aver raggiunto dei risultati è stato costretto a ricominciare da capo. Cosa che non è per niente semplice se hai una protesi al posto di una gamba e questa protesi non ne vuole sapere di collaborare.

 

Fabrizio a Padang Padang, Bali.

 

Per chi non conoscesse Fabrizio Passetti, questa, in poche parole, è la sua storia (la puoi leggere nel dettaglio in questo articolo http://www.surfcorner.it/2015/02/13/stand-walk-surf-repeat/ ).

Da ragazzino, ormai più di 20 anni fa, denotava un discreto talento nel surf e partecipava a qualche gara quando, all’età di 17 anni e in seguito a un incidente, ha perso una gamba.

Dal quel momento la sua vita è inevitabilmente cambiata.

Prima di tornare sulla tavola ha dovuto aspettare diversi anni tra la stabilizzazione dell’infortunio, le infezioni, le ricadute, scontrandosi con i tempi e la tecnologia di quel tempo, che non offriva una protesi adatta al surf.

A tutt’oggi i problemi con la protesi non sono diminuiti, sebbene tra alti e bassi Fabrizio era riuscito a tornare in pista e riemergere ritagliandosi un suo spazio nel surf italiano, ma la vita continua a metterlo di fronte a sfide continue.

 

 

Fabrizio ha sempre lavorato sodo per ottenere i suoi risultati e migliorarsi, prima della pandemia aveva trovato un focus ideale per i suoi allenamenti e il surf stava regalandogli le sensazioni che da tempo cercava, avendo anche trovato un main sponsor che lo supportava con le protesi, dettaglio fondamentale se pensiamo a quante migliaia di euro può arrivare a costare una protesi performante per il surf.

Tornato da Padang Padang, Bali, dove aveva trascorso del tempo ad allenarsi, aveva migliorato tutti i difetti della protesi rendendola praticamente perfetta. Si doveva solo fare training il più possibile per vederne i risultati ma il covid ha bloccato tutto, facendogli perdere anche il sostegno dello sponsor.

Avevo migliorato tutti i difetti che c’erano nella protesi rendendola praticamente perfetta finalmente, non vedevo l’ora di vedere quello che realmente potevo riuscire a fare in acqua senza problematiche che mi rallentavano… ed ecco lì il Covid!

 

 

Il sogno di Fabrizio era trasferirsi definitivamente a Bali, dove poter surfare e lavorare come chef, ma con l’Isola degli Dei bloccata per due anni causa covid, l’impossibilità di lavorare e la sponsorizzazione persa, è dovuto tornare in Italia, dove anche qui i ristoranti erano chiusi e non poteva esercitare il suo mestiere da chef. Lavorare solo nelle stagioni estive sgobbando dodici ore al giorno con stipendio dimezzato, come quando aveva 18 anni, non era sufficiente.

La situazione insostenibile lo mette di fronte all’inevitabile scelta, a 39 anni, di tornare a casa dei genitori, perdendo l’indipendenza necessaria per potersi sostenere in missioni come la sua. Come se non bastasse, le necessità lo costringono anche a vendere la macchina e infine la perdita di una relazione stabile con la sua compagna durata diversi anni lo fa crollare in un buio ancora più profondo.

 

 

Vivevo ma mi sembrava che il mondo mi fosse crollato addosso.” ci ha confidato Fabrizio, “All’incirca 4 mesi fà ho avuto un crollo nervoso esagerato, ho preso e con i vestiti addosso mi sono buttato in mare di notte nuotando senza una meta aspettando che le forze mi abbandonassero, ma così non è stato.

Quando il mondo ti crolla addosso cerchi di lasciarlo definitivamente per non sentire più quel peso, ma l’amore di un figlio ti rende invincibile. Ho deciso di farmi aiutare e mi sono fatto ricoverare, saltando anche il mondiale di Adaptive a Pismo, ma non è stato come credevo, non c’erano medici che ti parlavano o ascoltavano, bensì solo quattro mura e tanti medicinali che avrebbero stordito e sedato pure un elefante.

La depressione aumentava, mi sentivo un fallito, ero sicuro di aver sbagliato tutto nel mio percorso di vita ma più che altro mi sentivo di aver fallito come padre e di non essere un giusto esempio per mio figlio, e nel buio di quella stanza, tra quelle quattro mura che amplificavano lo stato d’animo, impulsivamente ho legato delle lenzuola, ho fatto un cappio e mi ci sono appeso.

Fortunatamente mi hanno trovato al limite, avendo già perso i sensi. Con il senno di poi, capendo di aver toccato il fondo e che avrei rovinato la vita a mio figlio, la cosa che amo più a questo mondo, ho iniziato un percorso che è durato due mesi tra ricovero coatto in ospedale e poi in una struttura di recupero a Firenze. Lì mi sono ripreso, era un centro molto valido, ogni giorno si facevano con i dottori sedute di gruppo e singole, ti potevi supportare l’uno con l’altro, ascoltare, sfogare, trovare il tempo per te stesso e per pensare e ragionare.

Mi è servito molto questo percorso, purtroppo brutto a dirlo, ma tante volte c’è bisogno di toccare il fondo per riacquistare la giusta lucidità.

 

 

Appena uscito, Fabrizio non ha perso tempo passandolo il più possibile con suo figlio, riuscendo a recuperare il sorriso e la fiducia in se stesso. Intanto inoltra la domanda di invalidità e continua il suo percorso per riacquistare lucidità e fiducia, sfruttando gli ultimi giorni della sua protesi da surf ormai arrivata alla fine.

Nel frattempo Fabrizio viene a conoscenza di una nuova iniziativa, il “World Championship Tour di Adaptive Surfing” un vero e proprio circuito di Adaptive surf della durata di 3 anni strutturato su due tappe all’anno, la prima in partenza a giugno alle Hawaii, e la seconda in California a settembre, con un montepremi importante in palio, che sarebbe un supporto indispensabile per poter crescere in questo sport.

Questa notizia lo mette subito in allerta, ma non trattandosi di un circuito rientrante nei programmi federali nè tanto meno nel Paralimpico, Fabrizio non può contare su nessun tipo di supporto istituzionale e per trovare i fondi necessari a partecipare gli viene l’idea di creare un crowdfunding, e per aumentare la visibilità e le possibilità di ottenere un sostegno concreto decide di estendere il progetto anche oltre i confini nazionali.

 

 

Nel mio piccolo, in questi anni fortunatamente ho conosciuto e sono sempre stato in contatto con amici e persone fantastiche e che contano nel panorama mondiale del Surf, che apprezzano quello che cerco di fare per questo sport e si sono resi disponibili a fare uscire articoli su testate importanti per fare luce sulla mia situazione e su quello che avrei voluto fare, mettendo così in luce il progetto di crowdfunding.

Questo, incrociando le dita, mi avrebbe potuto dare un opportunità migliore, sicuramente in un paese dove si ama e si vive realmente questo sport e dove si da all’Adaptive sport il giusto peso senza sfruttarlo solo come mezzo di ipocrisia e falso buonismo ma come fonte di forza ed ispirazione per il prossimo.

Ovviamente per finire in mezzo a queste testate mondiali c’è bisogno di un’onda che il mediterraneo non puo’ dare…

 

 

Per dare visibilità al suo progetto, Fabrizio individua in una delle onde più famose a livello internazionale la perfetta location per metterlo in atto. Una sinistra grossa, veloce e tubante, un’onda che lo spaventa ma che ama, proprio come la sua cara Padang Padang che ha dovuto lasciare.

Una volta messo a fuoco il progetto, prenota il primo volo per Mundaka senza ritorno e blocca l’appartamento di un vecchio amico per il 29 dicembre 2021.

L’amico Stefano “Gagio” Lappi, titolare dello stabilimento balneare “Bela Burdela” e fondatore del Soul Hands Festival, con cui già pochi mesi prima del covid Fabrizio aveva iniziato un piccolo progetto ambientato a Mundaka, insieme all’amico Antonio Zito, non appena saputo del progetto si è offerto di supportarlo, sostenendo le spese di alloggio per i giorni o mesi necessari.

 

 

Un gesto fantastico e di grande amicizia, mosso dall’amore per il surf che nel tempo crea forti legami e dalla fiducia in Fabrizio che si è sempre impegnato per l’Adaptive surfing in Italia.

Anche gli sponsor di Fabrizio si sono dati da fare immediatamente, Gabriele Brambilla di Black Magic Surfboards ha preparato un quiver di tavole perfette per Mundaka, Ocean Earth International gli ha spedito tutto il materiale direttamente in loco, e così ha fatto anche Gopro International,  inviando tutte le camere necessarie per documentare tutto il percorso. Il tutto organizzato in tempi record.

Sembrava ormai fatta, ma proprio mentre si sta avvicinando il giorno della partenza, qualche giorno prima di Natale, Fabrizio deve fare i conti con un imprevisto tecnico della protesi, le stecche in acciaio del tutore che servono a tenere bloccata la protesi al resto della gamba si spaccano!

Fabrizio non si perde d’animo e riflette sulle varie possibilità, ma l’unica rimane quella di usare una vecchia protesti di riserva mai usata in quanto mal progettata. Così, insieme ad un amico in un cantiere di manutenzione navale di Varazze, provvede a modificarla alla meglio per adattarla alle sue esigenze. In fondo l’avrebbe usata solo per fare surf, il minimo indispensabile, riducendo al minimo l’utilizzo in camminata.

 

 

Finalmente, non senza qualche peripezia per trovare un taxi da Bilbao a Mundaka che caricasse tutti i 74 kg di attrezzatura e bagagli, arriva alla destinazione finale, pronto per sfruttare una previsione perfetta di marea medio bassa già dal mattino presto e onde di 3 metri. Un inizio promettente!

Fabrizio si sveglia all’alba con un piccolo taglio a livello della rotula, niente di preoccupante pare, si medica e si prepara per entrare in acqua provando la protesi modificata per il surf. Sembra tutto ok.

L’onda di Mundaka non è per niente facile, onda velocissima e impegnativa, tanta gente da gestire, corrente esagerata specialmente quando si alza la marea e il vento da est, se sei bravo o fortunato e riesci a passare la prima e la seconda sezione per tornare indietro sulla line up la strada è veramente lunga, bisogna essere preparati a remare.

 

 

Sulla line up Fabrizio ritrova vecchi amici del posto che lo fanno sentire come a casa, si posizione di lato e attende il suo turno con pazienza. L’attesa è lunga perchè, come in ogni spot con un’onda che si rispetti, i locals si danno il turno come fosse una giostra, ma riesce comunque a surfare decentemente prendendo le sue onde.

Per cinque giorni di fila surfa collezionando due sessioni al giorno come se non ci fosse un domani, si sente pronto per documentare la nuova swell in arrivo, tramite l’amico Jon Madariaga (@jon_madariaga) contatta un filmaker molto bravo, Aitor Urkijo (@Aitor_urkijo Videostudio54) che da subito si dimostra un vero amico sposando il progetto. Lo stesso giorno conosce il suo vicino di casa Jon Fonda, un fotografo che si unisce subito al gruppo.

Tutto sembra andare nel verso giusto, ma l’imprevisto è ancora in agguato.

 

 

Un pò per l’acqua di mare, un pò per l’umidità del periodo, la ferita di Fabrizio comincia a peggiorare giorno dopo giorno infettandosi, e da un piccolo taglio si trasforma in uno squarcio.

Va tutto a monte, mentre una cara amica da Malaga lo raggiunge per portargli un paio di stampelle, fondamentali per sostenerlo nella camminata e per una guarigione più veloce in previsione della swell.

La mareggiata arriva ed è gigantesca ma storta da est, impossibile da surfare i primi giorni, solo qualche local veramente forte entra con la bassa marea prendendo qualche onda. Fabrizio preferisce aspettare per non peggiorare la situazione, in attesa di onde migliori.

Purtroppo però la gamba continua a peggiorare e Fabrizio inizia a temere il peggio, come 7 anni prima quando avendo rischiato di perdere l’articolazione del ginocchio, e ancora una volta per problemi legati alla protesi.

Non è stata sfortuna purtroppo, l’ho scritto e spiegato in tutti i media del mondo quale è il mio problema, la tempistica delle protesi è importantissima per la mia amputazione e la mia vita.

 

 

Decide di fare un controllo accurato in modo da escludere il peggio. Fortunatamente il tampone non rileva infezioni, i giorni passano tra medicazioni e massicce dosi di medicinali ma anche insieme a persone fantastiche che gli stanno vicino distraendolo e facendogli fare mille risate, vivendo di nuovo la bellezza della condivisione che la pandemia aveva annullato, il tutto in un luogo meraviglioso che sente come una seconda casa e dove presto ritornerà.

Attualmente Fabrizio è dovuto rientrare in Italia per curare l’infezione e fare rimarginare la ferita al meglio, così da poter poi andare a Roma, fare la protesi per camminare tanto attesa, e tornare finalmente a Mundaka per riprendere il progetto.

Ha dovuto lasciare in tutta fretta le sue cose a Mundaka, incatenando la protesi alla ringhiera del vialetto che si affaccia sulla famosa sinistra, come monito e gesto propiziatorio, ma sempre con l’obiettivo finale in mente, la partecipazione al Campionato Mondiale di Adaptive Surfing.

In bocca al lupo Fabrizio!

 

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