Ai nastri di partenza i mondiali ISA di adaptive surf a La Jolla, California. Ecco il team italiano che parteciperà a questa seconda edizione.
Fabrizio Passetti. Foto Federico Vanno/Liquid Barrel
Fabrizio Passetti, l’atleta del team Quiksilver e unico italiano ad aver partecipato alla prima edizione dello scorso anno, è in California per puntare ad una medaglia. Quest’anno i suoi compagni di squadra in questa avventura saranno il sardo Fabio Secci ed il toscano Massimiliano Mattei, mentre Fabrizio partecipa anche in veste di responsabile settore ADAPTIVE e Team Manager Fisurf.
Prenderanno il via domani per concludersi domenica 11 dicembre a La Jolla in California, gli ISA World Adaptive Surfing Championship 2016. Quiksilver è orgogliosa di annunciare che tra i surfer in gara ci sarà per il secondo anno consecutivo l’atleta del team Quiksilver Italy Fabrizio Passetti.
Varazzino, trentatreenne ed unico italiano ad aver partecipato alla prima edizione dei Mondiali nel 2015, in questo anno l’atleta Quiksilver ha lavorato tantissimo: sullo sviluppo della protesi per il surf, sulla sua forma fisica, sul suo livello di surf, passando molto del suo tempo a Bali.
Fabrizio Passetti a Bali. Foto Federico Vanno / Liquid Barrel
Fabrizio Passetti
Nato a Genova, Varazzino di adozione, 32 anni e ho una grande passione, il surf, che non ha mai ceduto, nemmeno nei momenti difficili, anzi, è stata proprio questa passione a darmi la forza di accettare questa sfida. Avrei dato la vita per aver la possibilità di rientrare in mare, per rivivere quei momenti unici in cui mi sentivo bene, per ritrovare un po’ di quell’adrenalina, e rivivere quelle sveglie all’alba, quelle serate con amici il giorno prima di entrare in acqua e ritornare a quello stile di vita.
Ho iniziato a fare surf piuttosto tardi all’età di 13 anni, prima non avevo avuto la fortuna di conoscere questo sport. Poi, quando mi sono spostato da Genova a Varazze, ho visto delle foto sul muro di un bar frequentato da surfisti che sono diventati non solo i miei idoli, ma anche grandi amici. Ci ho messo poco a capire che era quella la passione che dovevo seguire, era proprio quello che volevo fare quello che mi avrebbe fatto sentire completo.
Così ho iniziato come ‘free surfer’, apprendevo molto velocemente; un tempo si poteva solo prendere spunto da i più grandi, non c’era internet come ora, c’erano ancora le videocassette, i primi film di surf si dovevano ordinare dall’estero (ricordo di aver visto e rivisto Un mercoledì da leoni fino alla nausea, come tutti in quel periodo!).
Ero il più giovane nel mio spot insieme a Fabio Giusto, grande amico e fantastico surfer, apprendevamo molto più velocemente di tutti gli altri, un po’ perché eravamo i più giovani e un po’ perché eravamo delle piccole teste matte senza paura di niente, due ribelli.
Abbiamo iniziato a fare qualche gara insieme anche se in realtà a noi non esaltava eseguire delle manovre su un’onda per un punteggio, ma preferivamo spaziare nel nostro, per il divertimento di farlo. Arrivavamo sempre tra i primi posti nelle gare, e Fabietto sempre un passo avanti a me. A 16 anni ho partecipato ai miei ultimi campionati italiani: io sono arrivato 5º e Fabietto 3º. Quella sconfitta mi aveva motivato a riprovarci l’anno dopo e così mi ero allenato tantissimo, raggiungendo un livello di gran lunga superiore all’anno precedente. Era il 2000 e finalmente potevo dire di saper fare surf.
Pochi mesi prima della gara ho avuto un incidente in moto con una mia amica dove ho perso una gamba. Fortunatamente la mia amica non si era fatta niente di grave. Lì è iniziato il calvario: il giorno del mio 18º compleanno, il 9 settembre, mi è stato detto che mi avrebbero amputato la gamba. Sono seguiti anni di ospedale, tra infezioni, riabilitazione, e ancora infezioni. Per un anno e mezzo non ho potuto indossare una protesi, ma la mia sofferenza più grande era quella di non poter rientrare in mare.
Poi finalmente, in Svizzera, grazie a un grande luminare di nome Sebastiano Martinoli, (da lui ha preso il secondo nome mio figlio), le infezioni sono cessate. Con una pulizia all’osso e semplice acqua di mare il professore Martinoli è riuscito a restituirmi intatta la metà dell’articolazione che mi resta (la mia amputazione finisce a metà rotula, cioè mi permette solo il 60 per cento o poco più di piegamento). Ho ripreso a camminare praticamente normalmente, e ho ripreso una vita normale, anche professionalmente ho avuto molte soddisfazioni come chef in Italia, in Vietnam, Laos Cambogia e Thailandia.
Nel frattempo, in un modo o nell’altro, cercavo di entrare i mare con ogni mezzo possibile: facevo body board, e usavo protesi di resina con piedi fissi che continuavo a perdere in mare. E più il mare era grosso e più mi intestardivo e ci riprovavo, ma a volte la frustrazione mi distruggeva. Per anni avevo gli incubi.
Poi sono tornato in Italia dove ho avuto una storia importante che mi ha dato un figlio. Mio figlio è diventato la mia priorità e ha preso il posto del mare, colmando un vuoto. Filippo, la persona più importante della mia vita, il mio angelo, a cui potevo trasmettere questa passione per il surf e per il mare, l’unica eredità che avrei potuto lasciargli. Tuttavia all’inizio questa passione ha suscitato l’effetto opposto in Filippo, che vedeva anche quanto soffrivo.
La vita continuava normalmente finché per un errore protesico -una gamba fuori asse- mi è tornata un’infezione al ginocchio per quasi un anno. Ho lottato per non subire un’amputazione di coscia fino all’inguine: 8 mesi di iperbarica, 3 flebo antibiotici al giorno, tempi di attesa lunghissimi, un sistema sanitario poco agile, dottori incuranti, ortopedici che mi chiedevano “a cosa sarebbe servito intanto quel pezzo di ginocchio?”, non credendo che sarei tornato a camminare, figuriamoci fare surf.
Nonostante il dolore fosse forte, mi sono comprato una muta e di mia iniziativa andavo a nuotare tutti i giorni per riabilitare la gamba e in palestra, continuando sempre con antibiotici in endovena. E il ginocchio migliorava, quasi miracolosamente. Allora insieme alla dottoressa Carrega, specializzata in infettivologia, che mi conosceva e sapeva quanto ero attivo prima di questa ricaduta, abbiamo chiesto una protesi per ricominciare ad appoggiare la gamba, ma il centro protesi si è rifiutato “per non prendersi la responsabilità”; proprio detto da loro, quelli che mi avevano messo in quelle condizioni.
Un giorno, con mio figlio e mio padre, in un attimo di pazzia ho preso una protesi vecchissima per camminare a cui mancavano pezzi e mi sono fasciato la gamba fino al bacino con lo scotch e sono entrato in mare: come in un sogno mi sono alzato e ho preso due onde. Felice, ho detto a mio figlio: “Arriverà il giorno che saremo solo tu, io e il mare.”
Così mi sono fatto costruire una protesi per entrare in mare e sono partito per Bali. La prima settimana è stato tutto perfetto: ho ripreso a fare surf, non bene come prima, ma come se avessi due gambe. Ma dopo un breve periodo questa protesi ha iniziato a spaccarsi pezzo dopo pezzo; io la riparavo ogni giorno, e ci volevano ore.
Grazie alla forza, la pace e l’amicizia dei local di Bali ho continuato in questa impresa surfando gli spot più grossi e assurdi del posto, prendendo un’infinità di facciate, ma vivendo tanti momenti di magia.
Lì ho incontrato molte persone speciali, tra cui il mio amico darma (boss) “The Legend”, che insieme alla mia ragazza e altri amici mi hanno supportato giorno dopo giorno. E lì ho incontrato Wafi, il bimbo che ha preso il mio cuore, che per un tragico incidente si era ritrovato le gambe ustionate, di cui una ridotta in condizioni gravissime.
Ormai entrato a far parte di quella famiglia e di quella vita, ho cercato di fare il possibile per aiutarlo a guarire al più presto e tornare in piedi. Ho lanciato una raccolta fondi per tra i miei amici e moltissime persone di cuore hanno aderito. Addirittura a Varazze sono stati organizzati centri di raccolta e grazie alla generosità di tutti, Wafi ha potuto fare i primi interventi e la sua condizione è migliorata, ma la strada è ancora lunga. In cambio, l’incontro con Wafi e la sua famiglia mi ha ridato una grande forza per seguire nel mio obiettivo di tornare a surfare.
link video di surf :
https://www.youtube.com/watch?v=kR7sWHOD_9A
https://www.youtube.com/watch?v=qOmJY7704Fs
Campagna per i Mondiali di Adaptive Surf: http://igg.me/at/fabrizio-surf
Fabio Secci
Fabio Secci
Nationality Italian, Born on 3 June 1982, Born in Villacidro – Sardinia.
Nato accanto alle spiagge della Sardegna ho avuto la fortuna di godere dell’energie del mare e della natura.
Lo sport e’ sempre stato parte della mia Adaptive life e la protesi non ha mai rappresentato un limite, ma un modo di affrontare le sfide e imparare qualcosa di nuovo riguardo me.
Ho imparato dopo tutte queste esperienze che il vero limite e’ nella mia testa e ho applicato questo approccio anche nel surf, per il quale e’ stato amore a prima vista.
Un mix di emozioni che solo l’oceano può dare, attraverso luci, colori e energie che rendono differente ogni sessione. Credo che il surf non sia solo uno sport ma uno stile di vita.
Questo significa amare l’oceano e tutti i momenti condivisi con gli amici, persone che qualche volta nemmeno conosci ancora ma che stanno vicini e sono pronti ad aiutarsi.
Sarà questo L’ ISA, una fantastica esperienza dove incontrare nuove persone che come me hanno affrontato delle sfide e imparato da queste.
Un momento dove mettere tutta la mia passione e tempo speso allenandomi per dimostrare cosa gli Adaptive athletes possano raggiungere.
Sara’ un evento che rimarrà’ per sempre nelle mia memoria.
http://instagram.com/seccifabio/
Massimiliano Mattei
Massimiliano Mattei
Mi chiamo Massimiliano Mattei, sono nato a Livorno il 5 luglio del 1976.
A quindici anni ho scoperto il surf, e ho cominciato a praticarlo, uscendo appena possibile sfruttando il mare della mia città per surfare.
Ho frequentato per due anni il Nautico, attratto dalla possibiltà di lavorare sul mare, ma dopo qualche…..incidente di percorso (non ero proprio uno studente modello), ho frequentato un corso di scuola alberghiera organizzato dalla Provincia, e ho ottenuto l’attestato di cuoco.
Era quella la mia vera passione. Due anni di tirocinio in un ristorante sull’Amiata, dove ho approfondito conoscenze e pratiche, e poi sfruttando l’occasione che mi ha dato mio padre, socio di due ristoranti nelle Filippine, sono partito per questa nuova avventura.
Ho lavorato a Manila, dove un pò alla volta il mio nome si è fatto conoscere, ero un giovane cuoco, una promessa deu fornelli, almeno così dicevano i clienti e anche mio padre.
A Manila, non ho perso l’amore per il surf, anzi la passione è aumentata. Avevo la possibilità di surfare nell’Oceano, il sogno di tanti surfisti.
Poi come succede nella favole, e io stavo vivendo la mia, arriva l’orco cattivo.
Stavolta sotto forma di un incidente. Un banale incidente stradale con la moto, e il mondo si è improvvisamente capovolto. Il ricovero, l’operazione, le speranze, poi il duro, drammatico responso: non avrei più potuto camminare. La mia unica compagna sarebbe diventata la mia sedia a rotelle.
Una sentenza che all’inizio non volevo accettare, io che credevo di essere indistruttibile, io che fin da piccolo ero autonomo, mi trovavo a dover dipendere da altri, ad organizzare la mia vita in funzione di questa nuova realtà da affrontare.
Passo un anno facendo le terapie consigliate, vengo dimesso e mi accorgo che nonostante tutto ho ancora tante possibilità di praticare gli sport che fin da piccolo amavo.
Grazie alla S.I.L. mi avvicino al basket, provo col tennis, dove scopro la fatica e l’agonismo, continuo anche con la boxe, che avevo praticato già a Manila, insomma provo a fare una vita “normale”.
Mi mancava però il grande amore della mia gioventù: il surf.
Direte voi, ma come si fa a surfare senza poter usare le gambe, senza sfidare in piedi onde e vento?
Si può se si è testardi come me. Modifico una tavola normale, ci applico delle maniglie e da sdraiato vado in mare. Non so descrivere la prima volta che in tuta, con la mia tavola speciale ho sentito nuovamente l’odore del mare, il sapore amico del vento e delle onde.
Mi viene voglia di allargare il giro di chi, magari non sa o non ci pensa, che anche con qualche “problema”, si può andare in mare.
Prendo il brevetto di istruttore per disabili, anzi come dico diversamente abili, e quest’anno apro con due amici la mia prima scuola di surf, aperta a tutti, normali e ” sfortunati”. Il nome ovviamente “surf 4 all”, sì perche abbiamo messo in acqua su tavole o su sup tutti coloro che lo volevano fare.
Il mare non ha occhi, il mare non fa distinzioni, il mare accoglie chi lo ama e chi lo vuole affrontare.
Una tavola, un pò di onde, un pò di vento e il miracolo ogni giorno si compie.
Nel sorriso di chi ti dice grazie, nello sguardo felice di chi non pensava mai di farcela a “surfare” c’è la ricompensa più bella.
Ora ancora qualche mese e poi sarò a San Diego per i mondiali di surf per disabili, a rappresentare l’Italia.
Un’emozione , un’esperienza unica, e allora mi dico; Massi, qualcosa hai fatto, per te e per gli altri.
Ecco questo sono io: Massimiliano Mattei, il ragazzo che voleva surfare e che con tanta voglia e passione ce l’ha fatta.
Fonte: Fisurf.net
Segui tutte le novità di Quiksilver in Italia su
web: www.californiasport.info
facebook: www.facebook.com/californiasports
YouTube: bit.ly/californiasportyoutube
Google+: plus.google.com/+californiasport
instagram: instagram.com/californiasportitaly