L’industria del surf guarda ai surf park per diffondere il surf alle masse e puntare alla ripresa del settore.
Tom Lochtefeld, co-inventore del Flow Rider espone i suoi dubbi sull’impatto climatico dei surf parks. Foto courtesy Surf Pak Central
Da quando il Wave Garden è ormai sulla bocca di tutti, si è ampliato esponenzialmente il discorso relativo ai surf parks, di cui si parla già da anni ma le cui realizzazioni di successo sono state finora poche.
Lo scorso 13 settembre a Laguna Beach si è svolto il Surf Park Summit, un meeting che ha convogliato designer, ingegneri e imprenditori, oltre a rappresentanti di associazioni ambientaliste, per discutere della questione Surf Parks e analizzare pro e contro e tutti gli aspetti legati alla realizzazione di un surf park.
Sono emersi spunti molto interessanti, grazie all’esperienza portata da operatori del settore che hanno avuto a che fare con la progettazione e la realizzazione pratica di un park in grado di produrre onde surfabili.
I vantaggi emersi, legati alla creazione di tali strutture, sono molteplici, da quelli strettamente legati a logiche di business come la possibilità di espandere il surf a una moltitudine di nuovi praticanti in un momendo di contrazione del mercato, alla possibilità di creare un circuito agonistico del tutto simile a quello che regola campionati come ad es. quelli di Basket, con tutto ciò che ne consegue, fino alla possibilità di far entrare il surf nelle Olimpiadi, un sogno che finora non si è mai potuto realizzare.
Molti sono però anche i contro, che sono emersi durante la conferenza, e che non sono affatto trascurabili, a partire dagli elevati costi di realizzazione e gestione, fino all’impatto ambientale legato all’energia impiegata per farla funzionare.
Dan Harmond, un designer che ha partecipato alla realizzazione della wave pool negli Emirati Arabi, ha esposto la sua esperienza personale, evidenziando gli alti costi di realizzazione della struttura, costata 85 milioni di dollari e in grado di produrre un’onda di 4 piedi solidi su cui poter fare tre belle manovre prima di un’ultima manovra sull’ultima sezione close out.
Secondo alcuni, gli elevati costi farebbero aumentare i costi di fruizione della pool fino ad arrivare a cifre di 500 dollari per un’ora di surf. Di avviso contrario invece Matt Reilly di Surf Park Central che afferma di essere in grado di poter generare onde al costo di 1 dollaro ciascuna.
Una grossa parte della conferenza è stata però dedicata all’impatto ambientale legato alla realizzaione di un surf park, che si è rivelato uno degli aspetti più importanti da considerare. In particolare l’energia necessaria per muovere l’acqua è tanta che allo stato dell’arte si ritiene non si possa essere in grado di utilizzare energia pulita e quindi si innescherebbero inevitabili problemi di global warming.
L’argomento della sostenibilità è stato il più sentito in aula durante l’evento e dunque il problema più grosso sembra legato alla sostenibilità delle strutture e al loro rispetto dell’ambiente, problema ben più importante di quelli di natura finanziaria.
Persone come Mr. Meiselman, che ha partecipato al finanziamento del progetto fallito del Ron Jon Surf Park, hanno evidenziato i costi nascosti che emergono durante la realizzazione e il successivo mantenimento del park. Secondo Mr Meiselman infatti, affinchè funzioni economicamente occorre una piscina in grado di generare dalle 3 alle 5 onde al minuto, otto ore al giorno, tutti i giorni. Per non parlare di un “piccolo” problema tecnico causato nientemento dal “back wash”. Sembra infatti che allo stato dell’arte, il back wash che si genera obbliga ad aspettare 90 secondi tra una corsa e l’altra, prima che si calmino le acque.
Insomma gli ostacoli da superare per far funzionare un surf park sono ancora parecchi…
Più info: www.SurfParkCentral.com
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